La Corte di Cassazione ha stabilito che nei contratti di lavoro part-time devono essere indicati in modo chiaro gli orari di lavoro del dipendente. Se non sono specificati, il lavoratore ha diritto a un risarcimento.
La decisione è stata presa con l’ordinanza n. 11333/2024, che afferma che i lavoratori devono conoscere i loro orari per potersi organizzare meglio, sia per gestire il tempo libero che per poter eventualmente svolgere un altro lavoro part-time. Questo aiuta anche a pianificare in anticipo le ferie.
Con questa decisione, la Cassazione elimina la pratica diffusa in settori come il turismo, dove i turni venivano comunicati solo poco prima. Prima di questa sentenza, i datori di lavoro potevano non specificare gli orari nei contratti, rimandando l’informazione alla distribuzione periodica dei turni. Ora, i giudici hanno stabilito che gli orari devono essere chiaramente indicati nel contratto di assunzione.
Secondo il Jobs Act (art. 10, comma 2 del dlgs. 81/2015), se in un contratto part-time (sia orizzontale che verticale) non sono indicati chiaramente i turni di lavoro, spetta al giudice intervenire. Questa nuova interpretazione garantisce il rispetto degli articoli 36 e 38 della Costituzione, che parlano del diritto a una vita dignitosa e alla sicurezza sociale.
La Cassazione continua così a rivedere alcune parti del Jobs Act, dopo aver già modificato le norme sulle tutele crescenti.
Se un lavoratore vede cambiare il proprio orario senza un’adeguata comunicazione, può richiedere un risarcimento. Già prima dell’ordinanza della Cassazione, la magistratura aveva iniziato a muoversi in questa direzione: la Corte d’Appello di Milano aveva stabilito un aumento del 5% sulla busta paga (sentenze n. 1115/2019 e n. 763/2023), mentre il Tribunale di Milano ha deciso per aumenti del 10% e 12% (sentenze n. 3184/2023 e n. 1041/2023).
Il lavoro part-time, o a tempo parziale, prevede un orario inferiore rispetto a quello full-time, che è di 40 ore settimanali. Questo tipo di contratto può essere: