Home » NON TUTTI I SINDACALISTI SONO UGUALI
L’opinione
17 Febbraio 2025
Assemblea dei quadri e dei delegati della CGIL di Sassari, 14 dicembre 2004. L'incontro, dedicato all'accordo di programma per la chimica e alle prospettive di sviluppo del settore, ha visto la partecipazione di dirigenti sindacali e rappresentanti dei lavoratori.
7 MINUTI DI LETTURA

NON TUTTI I SINDACALISTI SONO UGUALI

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Antonio Rudas, ex segretario generale della CGIL di Sassari e fondatore, insieme a Giovanni Piras e Salvatore Frulio, del gruppo CGL. In questo articolo, Rudas risponde a Marco Cornaglia, ex dirigente della CGIL Funzione Pubblica di Sassari, affrontando temi cruciali sulla gestione del sindacato, le sue scelte strategiche e le conseguenze delle denunce interne.

Le domande di Cornaglia, ex iscritto alla CGIL

Ho conosciuto la realtà della Funzione Pubblica di Sassari ed ho osservato da vicino il funzionamento del sindacato di questo comparto. Le situazioni da me riscontrate sollevano interrogativi sulla trasparenza della gestione e sull’effettiva rappresentanza degli interessi dei lavoratori da parte dei suoi dirigenti.

Il clima interno era spesso più ostile di quello dei luoghi di lavoro che dovevamo rappresentare. Ho lasciato la CGIL perché mi sono trovato isolato dopo aver denunciato irregolarità nella gestione dei bilanci, sprechi ingiustificati e decisioni finanziarie opache che penalizzavano i lavoratori. Alcuni colleghi hanno subito intimidazioni per aver espresso posizioni critiche.

Già ai miei tempi era evidente come le posizioni di vertice garantissero stipendi elevati e liquidazioni troppo generose. Avete denunciato queste situazioni? Prima di essere allontanati avevate una posizione diversa? “Landini, Durante…e voi, ma dov’è la vera differenza? Parliamone.”

Le risposte dell’ex segretario generale della CGIL di Sassari

Caro Marco,

è un piacere confrontarmi con compagni seri e competenti come te. Ognuno conosce un pezzo di verità. La storia è il risultato di molti fatti e circostanze, che devono essere prima conosciuti a fondo, poi contestualizzati e studiati, infine interpretati con onestà intellettuale. Sottolineo “interpretati” perché non vi è nulla di assoluto, tutto è relativo. Premesso questo concetto elementare, con certezza posso solo dirti che, rispetto a ciò che ho vissuto io, ciò che hai visto tu in CGIL al confronto non é nulla.

Alcune cose mi sento di accennarle, senza escludere di approfondirle, e di aggiungerne delle altre in futuro:

Gli anni nella categoria degli Edili

Durante il mio incarico come dirigente degli edili della CGIL, il bilancio era modesto ma trasparente, con un’unica eccezione: il mio stipendio. Tanto che la segreteria nazionale intervenne per segnalare che, in base alle regole interne, non avrei più potuto essere, nonostante fosse una mia libera scelta, pagato meno degli altri sindacalisti.

Ritenendo tale regola in contrasto col mio codice etico, continuai a prendere molto di meno degli altri, vani furono i tentativi di farmi cambiare idea. Mantenni ovviamente riservata la cosa, per non alimentare discussioni strumentali. (avrebbero potuto accusarmi di volermi distinguere per farmi bello). Quanto affermo può essere dimostrato attraverso un banale accertamento. La cosa è documentata dal mio estratto contributivo INPS, dove sono indicati tutti gli stipendi e i relativi contributi.

Lo stipendio del sindacalista

Tra gli anni ’80 e ’90, mentre ricoprivo il ruolo di dirigente della mia categoria a tempo pieno, ho rinunciato a compensi per un totale di diverse centinaia di migliaia di euro. Il mio avvocato, con cui ho vinto la causa contro il licenziamento voluto dalla CGIL (che certo non mi poteva accusare di ruberie), ha portato questa evidenza in tribunale come ulteriore prova della mia integrità morale e professionale. 

Per anni, il mio stipendio è stato addirittura inferiore a quello dei lavoratori che rappresentavo, anche perché le entrate non bastavano a coprire tutte le spese della categoria che guidavo. Quando mi sono trovato a gestire una struttura economicamente insostenibile, anziché mandare via i compagni in “esubero”, ho scelto di dividere il pane con loro e di andare avanti. Alcuni sono ancora in vita e potrai parlarci quando vuoi.

L’esperienza in CONFEDERAZIONE

Approdato in confederazione, non potei più seguire la stessa logica. Comunque i bilanci furono risanati al punto che la CDLT di Sassari venne riconosciuta tra le migliori d’Italia. Nel periodo in cui ho guidato la CGIL al più alto livello territoriale, i conti non furono solo ineccepibili, ma anche solidi. 

Non solo riuscimmo a mantenere un’amministrazione efficiente, ma effettuammo investimenti e incrementammo il patrimonio immobiliare, poiché la sede centrale non era più sufficiente a contenere le attività sindacali e le strutture periferiche necessitavano di ristrutturazione.

Ho ancora in mente la faccia sbalordita degli ispettori quando controllarono nel dettaglio i conti della CGIL di Sassari, relativi a tutti gli otto anni del mio mandato da segretario generale: non credevano ai loro occhi, mai avevano visto qualcosa del genere in Sardegna.

A tal proposito, esiste il verbale da loro stessi redatto che lo dimostra.

Credi che questa cosa mi abbia messo in buona luce rispetto a tanti altri?

La vendita del patrimonio immobiliare della CGIL di Sassari

Dopo la mia direzione, però, la situazione cambiò drasticamente. I bilanci finirono in rosso e oggi mi risulta che la CGIL stia vendendo i locali che avevamo acquistato ai miei tempi, per destinarli all’erogazione dei servizi. Ciò é il segno di una conduzione che ha smarrito il controllo delle proprie risorse. Questo perché di lavoratori che credono nel sindacato c’e ne sono sempre meno, e i versamenti diminuiscono.

Riguardo alle ruberie di cui accenni, anch’io ne avevo sentito parlare, ma non ho mai avuto accesso alla documentazione che lo comprovasse. Fino al 2004 potevo intervenire solo nell’ambito della mia categoria. Questo perché, i bilanci delle singole strutture, non erano resi disponibili per tutti all’interno della stessa realtà camerale. 

Penso che ancora sia così. Comunque ogni irregolarità di cui sono venuto a conoscenza non è mai stata taciuta, e nessuno mi ha mai zittito, anche se ci hanno provato in molti. Un esempio? La truffa che ho scoperto ai danni dello Stato, perpetrata da funzionari dell’INCA CGIL. 

Ancora oggi mi é difficile farmi una ragione della sofferenza che ho patito per gli attacchi che mi sono stati rivolti solo per aver preteso trasparenza. Il direttore di allora fu allontanato, ma non credo fosse l’unico responsabile. Non ho le prove, ma sono convinto che queste truffe fossero più diffuse di quanto si possa immaginare.

Oggi, questi scandali sono oggetto di interventi della magistratura e di indagini giornalistiche, come quella della RAI.

La cacciata dalla CGIL

Ed allora, perché Giovanni Piras e Salvatore Frulio sono stati, insieme a me, cacciati? 

Abbiamo forse rubato? No, non siamo stati accusati di questo.

Che cosa avremmo fatto, dunque?

Secondo le accuse, avemmo comportamenti incompatibili con i valori della CGIL.

Sai cosa si sono dovuti inventare per sostenere questa ridicola scempiaggine?

Che abbiamo minacciato la sig.ra Francesca Nurra.

Eppure la sig.ra Nurra, dopo avermi licenziato, sentita dal giudice, si è ben guardata dall’affermare che l’avessi realmente fatto.

Dunque perché siamo stati cacciati?

Le sentenze della magistratura

Grazie a due sentenze definitive, è stato accertato che la nostra espulsione e il licenziamento erano illegittimi. I giudici hanno riconosciuto l’assenza di motivazioni valide, evidenziando come le accuse fossero infondate e strumentali.

Riassumendo, a rigor di logica: se non abbiamo rubato, se non abbiamo minacciato nessuno, allora è evidente che siamo stati allontanati perché il nostro modo di intendere il sindacato non era più tollerato.

Una cosa è certa: insieme a Piras e Frulio siamo stati dei grandi rompi coglioni. Per anni, ed anni abbiamo combattuto contro la deriva autoritaria della CGIL, opponendoci a scelte che consideravamo inaccettabili. 

Tra queste, solo per farti qualche esempio, la mancata  e (successivamente solo apparente) opposizione alla legge Fornero. Ma anche e soprattutto, la firma di un accordo che ho definito pubblicamente una porcheria, attirandomi l’ira dei vertici della CGIL a tutti i livelli. Questo documento sanciva la rinuncia alle produzioni industriali senza ottenere alcuna contropartita concreta.

Non è forse sotto gli occhi di tutti ciò che hanno fatto a questo territorio?

Quando i sindacalisti rimangono poveri

Ma rimaniamo in tema. Ora ti svelo il classico segreto di Pulcinella: sai come si fa a sapere se un sindacalista è davvero onesto? Basta vedere quali erano i suoi averi prima, e dopo la fine dell’attività. 

Ho iniziato la mia carriera di dirigente sindacale a 23 anni, nel 1982, e l’ho conclusa nel 2017 a causa del licenziamento. Né io né mia moglie possedevamo nulla. Ecco i nostri averi reali ed effettivi alla data odierna, sfido chiunque a smentirmi:

1. Appartamento in cooperativa di 75 m².

2. Una pensione di 1.380€ circa al mese.

Ora, potresti indicarmi quanti sindacalisti, che come me hanno ricoperto o ricoprono incarichi apicali, si trovano nelle mie stesse condizioni economiche? Per esempio, quanti di loro vivono con una pensione di poco più di 1.300 euro al mese in un appartamento ancora più modesto? 

Marco, di cosa vogliamo parlare? Insisto: un sindacalista non deve avere uno stipendio o una pensione superiore a quello dei lavoratori che rappresenta. Da troppi anni si stanno firmando contratti scandalosi, alcuni da fame.

Gli insegnamenti che contano davvero

Ti chiederai, ma questo di sbagli non ne ha fatto? Altro che che se ne ho fatto! sono davvero tanti, alcuni, solo a pensarci, mi intristiscono profondamente. Ad esempio ho creduto in Maurizio Landini, che si è rivelato il peggior sindacalista nella storia della CGIL. Un arrivista ipocrita, insensibile, e credimi, totalmente incapace! Purtroppo non è l’unico.

Insieme ai compagni della mia generazione non siamo stati all’altezza della situazione. Altrimenti non si spiegherebbe il perché ci troviamo rappresentati da elementi cosi insignificanti e mediocri. il mondo che volevamo cambiare in meglio è diventato uno schifo. Diciamocelo, i nati negli anni 50 e 60 del secolo scorso hanno fallito la missione!

Ed ora? Persino peggio, i dirigenti nati negli anni 70, 80 e 90, nella generalità dei casi, sono superficiali, vuoti e individualisti. Comunque di cose buone ne ho fatte anch’io, certo mi infastidisce parlarne, eccoti solo una pillola: Sai chi ha stipulato il miglior contratto integrativo provinciale per i lavoratori edili in Italia? Ti sorprenderà, ma quel sindacalista sono stato proprio io. Non so oggi, ma ai miei tempi, su 90 contratti integrativi il migliore era quello stipulato nella provincia di Sassari. 

Ora le cose sono radicalmente cambiate. Non che non ci siano più sindacalisti onesti, qualcuno ancora c’è. Il problema è che non hanno più ideali, né una visione di prospettiva e soprattutto forza per incidere. È questa la vera questione.

Come disse il grandissimo Antonio Gramsci, per vivere bisogna essere partigiani. Questo significa non restare neutrali di fronte alle ingiustizie, ma prendere posizione e lottare per ciò in cui si crede. La mia esperienza sindacale ne è stata la dimostrazione. Avrò sicuramente fallito, ma non nei valori e nel rispetto della classe operaia da cui provengo.

Un caro saluto,

Antonio

AUTORE CGL
Come Gestire i Licenziamenti - CGL
Il Gruppo CGL, nato dall'ingiusta espulsione di voci sindacali indipendenti, sfida le manipolazioni e difende i diritti dei lavoratori. Unisciti alla nostra lotta per la trasparenza e la giustizia.
Guarda la conferenza stampa