Votare in Italia? Ma è inutile, meglio scegliere il presidente in America!
In un paese dove le chiacchiere da bar e le lamentele per la politica sono sport nazionale, ci si aspetterebbe che il giorno delle elezioni le file ai seggi elettorali siano lunghe come quelle alla cassa del supermercato la domenica mattina. Eppure, un giorno di sole (o di pioggia, tanto per cambiare), mentre la nazione si prepara a fare il suo dovere civico, trovo il mio amico Mario in spiaggia con una birra in mano e lo sguardo contemplativo verso l’orizzonte. Decido di fare un salto e scoprire perché Mario, un tempo fervido sostenitore delle urne, abbia deciso di saltare questa tornata elettorale.
“Mario, ma che fai? Non vai a votare?” chiedo, immaginando che la sua assenza al seggio fosse dovuta a una qualche importante questione filosofica o etica.
Lui sorride, sorseggia la sua birra e risponde: “Votare qui? Ma sei matto? L’Italia è una colonia anglo-americana! Votare qui non ha senso. Se davvero volessi essere democratico, dovremmo votare direttamente in Inghilterra o in America!”.
Rimango a bocca aperta, incapace di capire se stia scherzando o meno. Mario, che fino a poco tempo fa discuteva animatamente sui programmi dei partiti politici, ora sembra completamente disinteressato al nostro destino nazionale. Ma l’idea mi intriga, quindi lo invito a spiegarsi meglio.
“Vedi,” continua Mario, “pensaci un attimo. Ogni volta che accendiamo la TV, cosa vediamo? Serie americane, film di Hollywood, talk show con format copiati dagli inglesi… L’intera nostra cultura pop è influenzata da loro. Anche quando si tratta di decisioni politiche importanti, chi è che ha sempre l’ultima parola? La Merkel? Macché, è Washington e Londra che tirano i fili!”
Provo a ribattere, ma Mario alza la mano, come un professore che sta per svelare il segreto dell’universo. “E poi c’è la NATO, no? Se dobbiamo andare in guerra, con chi andiamo? Sempre con gli americani! E chi decide quante basi militari ci sono qui in Italia? Sicuramente non noi. Allora, mi spieghi perché dovrei perdere il mio tempo a votare per il sindaco di un paesino o per un parlamentare che tanto non conta niente?”
L’idea di Mario è così assurda che inizia quasi a sembrare logica. In un paese dove si dice che nulla cambi mai, forse votare direttamente negli Stati Uniti o nel Regno Unito potrebbe essere un cambiamento di cui nessuno aveva mai pensato. Certo, ci sarebbero alcuni problemi logistici: voli costosi, lunghe file agli aeroporti, dover spiegare alla nonna perché stiamo votando per il presidente degli Stati Uniti invece che per il nostro sindaco… Ma, come dice Mario, almeno sapremmo di fare una scelta che conta.
Mentre il sole tramonta e Mario si scola l’ultima goccia di birra, mi chiedo se forse il futuro della democrazia italiana non sia proprio questo: smettere di preoccuparci di chi diventa sindaco o presidente del consiglio e iniziare a pensare in grande. Dopotutto, se siamo davvero una colonia anglo-americana, tanto vale giocare il gioco fino in fondo, no?
Forse un giorno, mentre scorrete le notizie sul vostro smartphone, vedrete un titolo che recita: “Elezioni italiane spostate a New York e Londra: gli italiani eleggeranno il loro governatore direttamente da Times Square”. E in quel momento, saprete che il nostro amico Mario aveva ragione.
Finché quel giorno non arriva, continueremo a lamentarci della politica, a criticare i nostri leader e, ovviamente, a saltare le file alle urne per un pomeriggio in spiaggia con una birra fresca. Perché, in fondo, siamo italiani. E se non possiamo essere noi a decidere, tanto vale rilassarsi e godersi la vista.