Era il 1943, nel cuore della Seconda Guerra Mondiale, e Porto Torres, come gran parte dell’Italia, lottava per sopravvivere. La fame era un nemico implacabile, che stringeva in una morsa la popolazione e le truppe stazionate in città. Il cibo era razionato, le scorte scarseggiavano, e ogni boccone doveva essere conquistato con sacrificio.
In questo contesto disperato, dieci pescatori coraggiosi si fecero avanti, pronti a sfidare il destino pur di sfamare la loro gente. Salparono a bordo dell’Onda, un vecchio dragamine della Marina Militare convertito in peschereccio, diretto verso le ricche acque dell’Asinara. L’Onda non era nuova a queste acque; la sua robustezza e affidabilità l’avevano sempre sostenuta. Ma quel giorno, il mare avrebbe riservato una sorpresa che nessuno avrebbe potuto immaginare.
Durante la pesca, le reti dell’Onda si impigliarono improvvisamente. Ma non si trattava di una balena o di un grande pesce. Quello che aveva preso le loro reti era un sommergibile. L’equipaggio, preso dal panico e temendo che la nave potesse affondare, decise di abbandonare l’attrezzatura e tornare in porto. Ma al loro ritorno, il racconto non fu creduto dalle autorità, che attribuirono l’accaduto a una balena o a uno squalo di dimensioni eccezionali.
Nonostante il loro terrore, furono costretti a tornare in mare. Le autorità, ignorando le loro paure, li minacciarono di gravi conseguenze, arrivando a prospettare l’esecuzione per vigliaccheria se avessero rifiutato. Col cuore pesante, i nove uomini superstiti dell’equipaggio, guidati dal comandante Gennaro Sandolo, tornarono in mare, sapendo che stavano forse affrontando il loro ultimo viaggio.
Il 6 maggio 1943, alle 6.55, il sommergibile britannico Safari, comandato dal tenente di vascello Richard Barklie Lakin, avvistò del fumo al largo di Porto Torres. Avvicinandosi, scoprì che proveniva dall’Onda, impegnata nella pesca a sud dell’Asinara. Senza pietà, Lakin ordinò di aprire il fuoco.
Il vecchio peschereccio, armato solo delle sue reti, non ebbe scampo. L’Onda stava conducendo una guerra solitaria contro la fame, ma il suo nemico non era il mare, bensì un sommergibile armato e implacabile. In totale furono sparati 46 colpi, 40 dei quali colpirono il bersaglio. Alle 10.33, il tempo sembrò fermarsi mentre l’Onda, ormai irrimediabilmente danneggiata, sprofondava nelle acque del golfo dell’Asinara.
Mentre il Safari si inabissava per evitare il contrattacco dell’artiglieria costiera, il mare divorava i resti dell’Onda e dei suoi uomini. Sei marinai, tra cui il comandante Sandolo e il capo pesca Zeno, furono trascinati a fondo insieme alla loro nave. Solo due uomini, Antonio Sanna e Giovanni Sposito, ebbero la prontezza di gettarsi in mare e salvarsi.
L’Onda, costruita a Oslo nel 1902 per la caccia alle balene, aveva servito la Marina Italiana come dragamine durante la Prima Guerra Mondiale. Dopo essere stata radiata e venduta, era tornata al mare sotto la guida dell’armatore Claudio Delfino. Il suo affondamento segnò la fine di un’era per il vecchio peschereccio. Recuperata e riparata dopo 30 mesi sul fondo del mare, l’Onda navigò ancora, ma nel 1965, incontrò di nuovo la sua sorte, travolta da un fortunale. Alla fine, fu demolita nel 1978 in Grecia.
Oggi, 71 anni dopo quel tragico giorno, Porto Torres non ha dimenticato i suoi eroi. In una cerimonia toccante, i nomi dei marinai caduti furono letti alle 10.33, l’ora esatta in cui l’Onda affondò. Le figlie di quei coraggiosi uomini, insieme alla comunità, hanno commemorato l’ultimo respiro dell’Onda. L’amministrazione di Porto Torres ha dedicato la piazza della Renaredda a questi eroi, affinché il loro sacrificio non venga mai dimenticato.
Questi uomini non morirono solo combattendo una guerra non loro, ma anche un’altra, più vicina, contro la fame e la disperazione. Il loro coraggio e il loro sacrificio rimarranno per sempre nella memoria di chi, grazie a loro, ha potuto sopravvivere a quei giorni oscuri.