Cari lavoratori, ci rivolgiamo a voi con la consueta sincerità, ma con un tono ancora più accorato. Il prossimo venerdì 29 novembre 2024 si terrà lo sciopero generale, un evento che, in teoria, dovrebbe rappresentare un’occasione cruciale per difendere i vostri diritti. Ma chiediamoci: qual è il vero impatto di questa mobilitazione in un contesto in cui il sindacato appare sempre più debole e inefficace?
Negli ultimi anni il sindacato ha subito un declino incredibile, che va ben oltre le consuete divisioni tra le diverse sigle. Non si tratta solo di disaccordi tra leader, ma di una crisi strutturale che ne mina le fondamenta. L’evoluzione del mercato del lavoro, con la precarizzazione e la frammentazione delle tutele, ha trovato i sindacati impreparati e incapaci di adattarsi alle nuove sfide.
Anche la partecipazione allo sciopero generale del 29 novembre 2024 riflette questa crisi. In alcuni settori strategici, come i trasporti, probabilmente l’adesione sarà significativa, ma in molte altre categorie la protesta passerà quasi inosservata. Questo divario evidenzia l’incapacità di rappresentare in modo credibile e unitario la totalità dei lavoratori.
Alla fine, assisteremo al solito spettacolo di retorica. I sindacati proclameranno il successo della mobilitazione, esaltando le piazze gremite e i dati sull’adesione. Il governo, invece, minimizzerà i numeri, riducendo l’evento a un fallimento. Ma in questo gioco delle parti manca un’analisi onesta delle reali condizioni del lavoro in Italia.
Un tempo, il sindacato era il simbolo di una lotta collettiva autentica. Oggi, è difficile ritrovare quell’energia e quella capacità di incidere. Lo sciopero, che una volta scuoteva le fondamenta del potere, è ormai un rito svuotato di significato. Un atto che, anziché rafforzare la lotta, ne sottolinea l’inutilità.
Pensate a figure come Luciano Lama, che incarnava il vero spirito della lotta sindacale. Lama non si limitava a rappresentare i lavoratori: li ispirava, li spronava a credere nelle proprie forze. Immaginate cosa direbbe oggi di fronte alla precarizzazione dilagante e alla crisi del lavoro. Denuncerebbe senza esitazione l’ipocrisia di un sindacato che ha perso la propria anima e la connessione con i lavoratori. Questa mancanza di leadership è palpabile. Le figure di oggi sembrano incapaci di comunicare con forza e coerenza. Il confronto con i leader del passato rende ancora più evidente il vuoto che si avverte.
Maurizio Landini ha deposto le felpe della FIOM per indossare una cravatta che non gli dona. l’attuale segretario della CGIL è l’esempio emblematico di questa crisi, disonestà intellettuale e incoerenza sono sempre più evidenti. Per anni ha sostenuto che certe politiche danneggiavano i lavoratori, e che dovevano essere cambiate insieme alla CGIL. Poi si è adeguato perfettamente al sistema che diceva di voler combattere. Lo ha fatto, persino superando in negativo chi lo ha preceduto. Ha finito per giustificare sacrifici e austerità in nome di un “sogno europeo” che si è rivelato un incubo. Ora, improvvisamente, si ripropone come rivoluzionario, parlando contro la guerra e di giustizia sociale.
Ma come si può credere a questo cambiamento? Come si può dimenticare la sua compiacenza verso Mario Draghi, simbolo delle politiche neoliberiste? La loro “famosa” stretta di mano rimane un’immagine indelebile dell’ambiguità sindacale: un patto implicito che ha alienato la fiducia di tanti lavoratori. Il risultato è evidente. Chi dovrebbe rappresentarvi ha perso ogni credibilità, alimentando divisioni anziché costruire un fronte comune.
Cari lavoratori, non è nostro intento scoraggiarvi. Al contrario, vorremmo invitarvi a riflettere. Lo sciopero generale, così com’è concepito oggi, non rappresenta più uno strumento efficace per ottenere risultati. Non vi invitiamo affatto a boicottarlo, ma è necessario qualcosa di più profondo. Serve un rinnovamento che parta dalle basi stesse della concezione di sindacato. Questo perché nessuna rivolta, che dir si voglia, può essere lasciata nelle mani di chi agisce al solo fine di sostenere la propria immagine politica.
Non possiamo permetterci di lasciare che questa organizzazione continui a essere rappresentata da personaggi incapaci e poco credibili. La lotta per i vostri diritti deve tornare al centro dell’azione. Ma richiede il vostro coinvolgimento attivo. Richiede la vostra voce, il vostro impegno e la vostra determinazione.
Luciano Lama una volta disse che il sindacato deve essere “la casa di tutti i lavoratori”. Oggi questa casa è in rovina, provare a ricostruirla ci sta, ma se non si manderanno a casa i capi inetti, incapaci di svolgere i propri compiti, sarà impossibile. Fatte attenzione: se non volessero saperne di mettersi da parte lasciateli da soli.
Venerdì, mentre ascolterete i loro soliti discorsi dai palchi, non fermatevi alle parole vuote. Pretendete coerenza, azioni concrete e risultati tangibili. Perché solo così potremo restituire al lavoro quella dignità che sembra perduta.