Ispirato dalla puntata del programma RAI “Lo Stato delle Cose”, il presente articolo focalizza l’attenzione sulla necessita di una riforma radicale, che renda i patronati istituti finanziariamente autonomi, nonché indipendenti dalla politica e dalle centrali sindacali che oggi li esprimono, così che possano rispondere del loro operato unicamente ai cittadini.
L’inchiesta rivela diverse irregolarità all’interno dei patronati sindacali italiani all’estero, con particolare riferimento all’inca CGIL di New York. Nel dettaglio ha riscontrato che queste strutture, preposte a fornire gratuitamente assistenza previdenziale ai connazionali all’estero, abbiano invece deviato il loro scopo, trasformandosi in un’attività lucrativa, gonfiando artificiosamente i numeri delle pratiche per accaparrarsi maggiori fondi pubblici e sorvolando sulle denunce di dipendenti e pensionati. Emergerebbero così prove di duplicazioni, falsificazioni e di una latitante vigilanza da parte del Ministero del Lavoro. Tuttavia, l’inchiesta lascia in ombra alcuni aspetti cruciali, primo fra tutti: perché lo Stato italiano, ben consapevole da anni di questi abusi non è mai intervenuto?
I patronati sindacali sono enti privati che offrono assistenza gratuita ai cittadini italiani, in Italia e all’estero, per pratiche come la richiesta di pensione, il ricongiungimento dei contributi, certificati di esistenza in vita, ed altro. Questi enti vengono finanziati con i soldi pubblici, precisamente con lo 0,199% dei contributi previdenziali che versiamo ogni anno all’INPS.
Dall’inchiesta di Giletti emergerebbero diverse irregolarità:
L’inchiesta televisiva presenterebbe diverse prove, tra cui:
L’inchiesta si concentra sul patronato Inca CGIL a New York, ma emergerebbero evidenze che il problema è diffuso in molte altre sedi all’estero, come in Germania, Francia e Australia.
Più avanti nell’articolo approfondiremo anche le irregolarità emerse in Italia, con un focus specifico sull’Inca di Sassari. Questo caso locale offre uno sguardo su come le problematiche riscontrate all’estero possano essere presenti anche nelle sedi nazionali.
Nonostante le segnalazioni di irregolarità già nel 2016, poco è stato fatto per risolvere il problema. Le ispezioni sono rimaste rare e inefficaci, e nessun ministro del Lavoro ha preso provvedimenti concreti. Questa è la sintesi schematica riguardante le denunce fatte nella trasmissione di Massimo Giletti, che in diversi punti risultano indubbiamente veritiere. Dobbiamo anche rilevare che alcune testimonianze sono poco convincenti e per nulla circostanziate. Inoltre emerge una certa confusione là dove vengono attribuiti ai patronati funzioni che non esercitano affatto, come quelle relative alle pratiche fiscali che sono di competenza dei CAAF.
Va anche sottolineato che non è affatto vero che il servizio garantito dai patronati sia sempre e comunque gratuito. Proprio per accordo ministeriale i non iscritti al sindacato pagano 20€
Vediamo ora di approfondire alcuni aspetti fondamentali.
Cominciamo col dire che non si tratta di una montagna, ma di una gigantesco massiccio roccioso che ha partorito un povero topolino. Il quale, a causa della drastica riduzione dei finanziamenti rischia di morire di fame, nei fatti:
Il sistema italiano di welfare si avvale di una vasta rete di patronati, enti che offrono assistenza e tutela ai cittadini in diversi ambiti, come le pensioni, la previdenza sociale e le prestazioni sanitarie. Ogni anno, i fondi pubblici destinati a queste strutture vengono distribuiti tra vari patronati in base alla loro capacità di supporto alla popolazione e all’efficacia delle loro attività. La tabella di ripartizione dei fondi per il 2023 mostra come vengono suddivisi 400 milioni di euro tra i patronati italiani, associati a sindacati e associazioni di categoria. L’analisi di questa ripartizione evidenzia interessanti spunti sul ruolo e il peso dei sindacati nel panorama sociale del Paese.
Con il 18,98% dei fondi totali, pari a 75,9 milioni di euro, la CGIL si conferma al vertice del finanziamento pubblico ai patronati attraverso l’INCA, che rappresenta il patronato della confederazione. La CGIL è storicamente ritenuto uno dei sindacati più rappresentativi e influenti in Italia, con una lunga tradizione di supporto ai lavoratori e una vasta rete di uffici sparsi su tutto il territorio nazionale. Il finanziamento ricevuto dal patronato INCA riflette il grande bacino di utenza che il sindacato riesce a coprire, grazie anche a una solida infrastruttura che permette di assistere milioni di italiani su questioni previdenziali, sanitarie e assistenziali.
Con il 16,73% dei fondi destinati a ENASC e il 18,44% a EPAS, entrambi affiliati all’UNSIC, l’Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori riesce ad ottenere in totale più del 35% dei finanziamenti, che ammontano complessivamente a circa 140 milioni di euro. Questa situazione riflette la crescita di sindacati alternativi alle principali confederazioni storiche, come CGIL, CISL e UIL. UNSIC si distingue per un approccio dedicato ai settori imprenditoriali e agricoli, rispondendo alle esigenze di una fascia di utenza spesso trascurata dai sindacati più tradizionali. La consistente assegnazione di fondi a ENASC ed EPAS permette a UNSIC di consolidare la propria posizione sul territorio, offrendo servizi di consulenza previdenziale e fiscale a un pubblico diversificato.
Al terzo posto in termini di ripartizione, con il 14,78% e un finanziamento di 59,1 milioni di euro, troviamo il patronato INAS della CISL. Questo sindacato, noto per la sua attenzione verso i diritti dei lavoratori di orientamento cristiano, utilizza i fondi per fornire assistenza ai cittadini su temi delicati come l’accesso alla pensione e la tutela contro gli infortuni sul lavoro. CISL, infatti, mantiene una rete di uffici capillare e un’esperienza consolidata nel settore, riuscendo a ottenere una considerevole fetta dei fondi destinati ai patronati.
Confcommercio riceve 53 milioni di euro, pari al 13,25% del totale, tramite il patronato 50&Più ENASCO. Questo patronato si distingue per l’assistenza offerta ai lavoratori del commercio e agli imprenditori, un settore fondamentale dell’economia italiana. Con il supporto di Confcommercio, 50&Più ENASCO si dedica alla consulenza pensionistica e sanitaria, una risorsa essenziale per i piccoli imprenditori e i lavoratori autonomi.
ITAL, il patronato della UIL, riceve l’8,96% dei fondi, pari a 35,8 milioni di euro. La UIL è storicamente impegnata nella difesa dei diritti dei lavoratori e il patronato ITAL è uno dei principali punti di riferimento per chi cerca assistenza nelle pratiche previdenziali. I fondi assegnati consentono alla UIL di continuare il suo lavoro di tutela dei lavoratori, un impegno che il sindacato persegue in maniera costante, garantendo assistenza legale e previdenziale ai cittadini.
Oltre ai patronati dei principali sindacati, la ripartizione comprende anche fondi destinati ad altre associazioni di categoria. Tra queste spiccano ANMIL, con il 6,99% (27,9 milioni di euro) e EPASA-ITACO di Confartigianato con il 4,72% (18,8 milioni di euro). Queste associazioni si occupano di tutelare categorie specifiche come artigiani, agricoltori e lavoratori autonomi, fornendo supporto a chi potrebbe trovarsi in difficoltà nell’ottenere consulenza presso le grandi confederazioni sindacali.
Patronato | Sindacato Associazione | % di Ripartizione | Stima delle Spettanze (€) |
---|---|---|---|
INCA | CGIL | 18,98% | 75.920.000 |
EPAS | UNSIC | 18,44% | 73.760.000 |
ENASC | UNSIC | 16,73% | 66.920.000 |
INAS | CISL | 14,78% | 59.120.000 |
50&Più ENASCO | Confcommercio | 13,25% | 53.000.000 |
ACLI | ACLI | 10,46% | 41.840.000 |
ITAL | UIL | 8,96% | 35.840.000 |
ANMIL | ANMIL | 6,99% | 27.960.000 |
EPASA-ITACO | Confartigianato | 4,72% | 18.880.000 |
SIAS | CONFSAL | 2,82% | 11.280.000 |
ENCAL-CISAL | CISAL | 2,22% | 8.880.000 |
ENAC | CONFSAL | 2,18% | 8.720.000 |
LABOR | CONFIAL | 1,76% | 7.040.000 |
EPACA | Coldiretti | 1,82% | 7.280.000 |
INPAL | CONFSAL | 1,67% | 6.680.000 |
SeNAS | CONF.S.A.L | 1,67% | 6.680.000 |
INAC | CIA | 1,08% | 4.320.000 |
INPAS | CONFSAL | 0,77% | 3.080.000 |
FENALCA | FENALCA | 0,43% | 1.720.000 |
INAPA | Confartigianato | 0,26% | 1.040.000 |
ENAPA | Confagricoltura | 0,32% | 1.280.000 |
SBR | SBR | 0,10% | 400.000 |
In Italia, il sistema CGIL si avvale di 2.183 operatori, tra dipendenti delle sue strutture e comandati presso l’Inca. A livello globale, vi collaborano 146 operatori delle associazioni convenzionate, oltre a 189 medici e 381 legali convenzionati. Questa rete garantisce un’ampia assistenza ai cittadini.
Sebbene sia innegabile che tra gli operatori dell’Inca, come del resto negli altri patronati, possano esserci figure poco professionali, nella maggior parte dei casi parliamo di persone che offrono un servizio di alta qualità, spesso non riconosciuto per quanto meriterebbe.
Tuttavia, per come é congegnato il sistema, gli operatori potrebbero subire delle pressioni per realizzare il massimo punteggio possibile, così da ottenere maggiori finanziamenti pubblici non dovuti. Il recente servizio della RAI ha messo in luce alcune di queste criticità, gettando però delle ombre anche sui tanti lavoratori onesti che sono la grande maggioranza.
È grave che Maurizio Landini, invitato alla trasmissione, non abbia sentito il dovere di parteciparvi per difendere la dignità e il lavoro di questi lavoratori che meriterebbero un plauso per quanto fanno a favore dei più bisognosi. Landini si presenta spesso come un nemico acerrimo dei governi che non gli sono politicamente congeniali.
Ne denuncia le responsabilità e incita alla rivolta sociale, dimenticando che proprio nei governi a lui più favorevoli, si sono compiute le più disgustose delle riforme contro il mondo del lavoro. Questo superbo sindacalista, che appare coerente solo verso le sue convenienze, non rivolge lo stesso sguardo critico al sindacato che rappresenta.
La CGIL riceve ingenti fondi pubblici, una condizione che la espone al rischio di essere condizionata dalle stesse controparti con cui dovrebbe confrontarsi. Firma contratti collettivi, che spesso non garantiscono salari adeguati. Lo fa persino al di sotto del salario minimo che proclama di volere, ma che in realtà ha sempre ostacolato. Non meno contraddittorie sono le sue campagne referendarie, promosse per abolire parti di una legislazione poco garantista verso i lavoratori.
Salvo poi utilizzare quelle stesse normative per licenziare i propri dipendenti o metterli in cassa integrazione. La credibilità di questo “strano” sindacalista, che sembra uscito da un cartone animato dei Simpson, é ormai andata sgretolandosi sotto il peso delle sue stesse azioni ed omissioni politiche. Mr. Landini appare più interessato a ritagliarsi un ruolo nello sgangherato panorama della sinistra partitica italiana, che a tutelare i lavoratori.
Questo controverso personaggio, che a parole vuole dimostrarsi più democratico di altri, spicca per l’intolleranza verso il dissenso interno alla sua organizzazione, risultando spietato contro chiunque si permetta di criticarlo. È emblematico il caso di tre dirigenti sindacali espulsi e licenziati per aver posto in luce queste contraddizioni.
La magistratura ha sentenziato l’illegittimità delle espulsioni e dei licenziamenti, infliggendo un duro colpo all’immagine della CGIL e dello stesso Landini. Tuttavia pur uscendone vergognosamente sconfitto, a causa della violazione dello statuto, dei principi e delle regole democratiche interne di cui si definisce un paladino, si é ben guardato dal chiedere scusa ai lavoratori perseguitati e tanto meno dal punire i loro carnefici.
Le recenti denunce di Massimo Giletti hanno acceso i riflettori su pratiche contraffatte adottate per ottenere maggiori finanziamenti pubblici, fenomeno che non sembra essere un caso isolato. Un episodio analogo si è verificato all’INCA di Sassari, dove anni fa emersero irregolarità significative che portarono a conseguenze tangibili ma anche a interrogativi sul ruolo dei vertici sindacali.
Quando il segretario pro tempore della CGIL di Sassari venne quasi casualmente a conoscenza delle pratiche illecite in atto, non esitò a chiedere spiegazioni al responsabile territoriale del patronato. Di fronte all’evidenza delle irregolarità e incapace di giustificare la propria condotta, il responsabile si vide costretto a rassegnare le dimissioni. Questo episodio segnò un punto di svolta, spingendo il segretario pro tempore a intensificare la vigilanza sull’operato degli operatori INCA locali. Il suo obiettivo era quello di prevenire ulteriori comportamenti scorretti. Tuttavia, questa sua azione di controllo generò malumori tra alcuni operatori del patronato, i quali si rivolsero ad altre istanze della CGIL. Ciò che sorprende, e desta perplessità, è l’atteggiamento di queste istanze. Anziché appoggiare l’iniziativa del segretario, volta a garantire trasparenza e legalità, scelsero di minimizzarla, solidarizzando con gli operatori sotto accusa. Questo comportamento non solo delegittimò chi cercava di ripristinare la correttezza, ma lanciò un messaggio ambiguo, quasi a giustificare le condotte scorrette a scapito dell’istituzione stessa e della maggioranza degli operatori onesti. La vicenda solleva interrogativi sul sistema di gestione e controllo all’interno dell’INCA e, più in generale della CGIL. È lecito chiedersi quanto queste dinamiche siano diffuse e quanto l’organizzazione sia realmente interessata a eliminare tali comportamenti anziché minimizzarli o occultarli. Il caso di Sassari dimostra come, nonostante la presenza di figure determinate a promuovere trasparenza e legalità, le resistenze interne e la mancata rispondenza dei vertici, possano ostacolare qualsiasi tentativo di riforma. Se il sindacato vuole mantenere la sua credibilità, deve garantire che episodi simili vengano affrontati con la massima serietà, punendo i responsabili ma anche premiando la maggioranza degli operatori onesti che ogni giorno svolgono una funzione importantissima al servizio dei cittadini. La trasparenza non dovrebbe mai essere percepita come una minaccia, ma come una necessità per il bene comune.
Le irregolarità con cui alcune centrali sindacali gestiscono i patronati italiani sono una realtà tristemente nota e rappresentano una sfida per la credibilità delle istituzioni. Tuttavia, l’inerzia del Ministero del Lavoro su questa questione evidenzia quanto sia necessario un cambiamento radicale del sistema. Il legame tra patronati sindacali e politica, benché non sempre esplicito, rischia di influire sull’imparzialità del loro operato, sottraendo centralità al loro scopo principale: assistere i cittadini. Una riforma seria e mirata dei patronati non è più rinviabile. Basterebbe una legge appropriata per introdurre controlli più stringenti e incentivare comportamenti virtuosi. Le ispezioni devono divenire sistematiche e coinvolgere tutte le strutture territoriali. Dovrebbero essere affidate, non solo agli ispettori del ministero del lavoro, ma intrecciate con l’intendenza di finanza e l’agenzia delle entrate. In caso di irregolarità gravi, andrebbe prevista la chiusura per almeno tre anni della sede coinvolta. Inoltre, una decurtazione del 10% dei fondi pubblici, destinati al patronato nazionale, potrebbe rappresentare una misura di deterrenza abbastanza efficace. Questi fondi andrebbero poi redistribuiti tra i patronati che dimostrano di operare nel rispetto delle regole, valorizzando trasparenza ed efficienza. Peraltro le risorse pubbliche, oggi del tutto insufficienti, andrebbero adeguate ai costi vivi, non tagliati come fece il governo Renzi nel 2015. Se una legge di questo tipo fosse già operativa, il caso della sede dell’INCA CGIL di New York, recentemente accusata di irregolarità, probabilmente non ci sarebbe mai stato. Infatti il patronato nazionale non avrebbe rischiato la chiusura e vedersi ridotti i finanziamenti pubblici di 7.592.000 euro. Una somma importante che nel caso andrebbe ripartita tra gli enti conformi alle normative. In definitiva, falsificare qualche pratica per ottenere un punteggio maggiore, rischiando di rimetterci molto di più di quanto impropriamente si vorrebbe guadagnare, diverrebbe oltre che un comportamento illecito anche un’azione folle.
Riassumendo, gli operatori dei patronati rappresentano il cuore pulsante di un sistema indispensabile per garantire il supporto e la tutela sociale. La loro dedizione e competenza consente di assistere quotidianamente persone in difficoltà, facilitando l’accesso a diritti spesso resi inaccessibili dalla complessità burocratica.
Per preservare e valorizzare il loro lavoro, è fondamentale ridefinire il ruolo dei patronati, svincolandoli dalle logiche politiche e dalle centrali sindacali. Questi enti non devono essere strumenti di proselitismo né canali per il sostegno economico dei sindacati, anche se va sottolineato che a causa dei tagli degli ultimi anni sono proprio i sindacati a ripianare i conti. In definitiva gli istituti di patronato dovrebbero divenire realtà autonome e trasparenti, finanziate adeguatamente per se stesse, così da svolgere la loro missione in maniera imparziale. Si devono ulteriormente specializzare, collaborando tra loro in rete, così da evitare un’impropria competizione, che troppo spesso produce le irregolarità di cui abbiamo parlato.
Rendere i patronati indipendenti e finanziariamente autosufficienti, significa trasformarli in punti di riferimento universali e neutri, accessibili a chiunque abbia bisogno di assistenza. La riforma che auspichiamo, non rappresenta solo un atto di giustizia, ma una garanzia per rafforzare la fiducia e l’efficacia di un sistema che tutela i diritti di tutti i cittadini. I patronati non devono essere visti come un costo, o come lo strumento per condizionare il sindacato ritenuto scomodo dal governo di turno, ma un pilastro fondamentale di una società più equa e solidale.